Si chiama Alba. Ha cinquantacinque anni. Il suo consorte (con il quale non si è mai sposata perché l'animo ribelle dei due innamorati non ha mai sentito il richiamo a soccombere alla percezione di una istituzione sterile e non protetta) è mancato diciotto mesi fa. Solo con lui riusciva a scavalcare la sopravvivenza di una vita sociale senza promesse e senza auspici; solo con lui sapeva ridere godendo la vita nell'arte.
Solo diciotto mesi, eppure non ricorda quando ha smesso di tenere la televisione accesa se non per il telegiornale. Prima... con lui, il suo lui, Emanuele, ci si poteva vedere i film francesi; capire e criticare Woody Allen; non spaventarsi nel trash e per l'indole da "medio-men" che consentiva loro di elucubrare sui personaggi di Uomini E Donne alla stessa stregua dei personaggi di Nino Martoglio o di Harold Pinter; apprezzare l'essere snob che non snobbano; giocare e chiacchierare coi figli di come si fa il comico e di come deve essere una scenografia...
Nessuno di loro due era un artista, perché nessuno per questo era pagato. Ma erano artisti della vita: il poco doveva essere una pentola alla base dell'arcobaleno, il troppo un bicchiere che non può esser sé stesso a metà.
Passeggia, abbracciata dal berretto e dallo scialle che gli regalò Emanuele solo dicendole, davanti alla vetrina: «Li puoi portare solo tu!»
Vetrine, viaggi fuori porta, passeggiate sulla battigia, i rari viaggi oltralpe: quanto giocato con il suo amore, quanto vissuto a dita intrecciate con Emanuele.
Diciotto mesi fa un attacco di panico gli ha ostruito e danneggiato le vie respiratorie.
I figli sono stati con lei – per un po'. Ma son tornati lei a Capodistria e lui a Berlino. In quanto mamma non chiede di più.
Si gode non poche serate coi nipoti in TOD [Theater On Demand*]. La rende felice, la rende nonna.
Alba, tuttavia, vorrebbe sentirsi donna e libera nella vita dagli incastri perfetti che ha imparato a costruire con il suo consorte!
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