Il 2 marzo l'aggiornamento del post con la recensione.
* * *
C’è un po’ di confusione riguardo
l’arrivo, il 25 febbraio nelle sale cinematografiche, di LO
CHIAMAVANO JEEG ROBOT, primo
lungometraggio di Gabriele MAINETTI; il quale, in
coppia con il suo sceneggiatore Nicola GUAGLIANONE, ha
realizzato, tra gli altri, ULTIMA SPIAGGIA [2005], BASETTE [2008], TIGER
BOY [2012].
Si afferma, per le varie testate
giornalistiche, i blog e i social, che la pellicola sia ispirata all’anime1 Jeeg Robot d’acciaio.
Per prima cosa, va precisato che tale character è nato, nell’aprile del 1975 dall’artista Gō NAGAI, come manga (il fumetto giapponese) e diviene
un anime, ovvero una serie televisiva
giapponese a cartoni animati, sei mesi dopo, nell’ottobre 1975.
In secondo luogo, il Jeeg Robot del
titolo è un omaggio: alla cultura di chi, e per chi, è (e non è) cresciuto con
i “robottoni”; alla cultura popolare che si appropria di icone, espressioni,
atteggiamenti pur sapendone poco o niente, esternando tale appropriazione con
filtri propri e autoreferenziali;
l’omaggio sprofonda ancora nella cultura popolare là dove il proprio nome
spesso non garantisce l’identità e la collocazione finché questo non è
cambiato, sovrascritto da qualcosa che gli si pone “sulla spalla”: quel
qualcosa è il soprannome (che è
sempre “il” nome della “maschera” che possiamo essere, o dobbiamo essere, o vogliono
che si è per “essere” tra gli altri – inconsapevoli del rischio che un nome doppio
che non è nato con noi può schiacciare!) Nel caso di eventi che escono
dall’ordinario, l’individuo può anche nascere con la sovrascrittura di un
neo-battesimo e divenire (fosse anche inscindibilmente dalla maschera)
protagonista. Nel mondo reale, nella nostra società reale, si muovono gli emuli
della letteratura e dei fumetti: Cuorenero, Il Guardiano, Darkwing (ex agenti o
improvvisati vigilanti).
Il lungometraggio di Gabriele MAINETTI è lontano
dalla definizione “cinecomics” non essendo tratto da alcun fumetto e non può
portare tale etichetta. Lo hanno definito il primo supereroe italiano, ma quanto
conta esser stato il primo quando a primeggiare è lo stile narrativo?; qualcuno
ha accennato che nel 2014 c’è stato IL RAGAZZO INVISIBILE [Gabriele SALVATORES], o che si
può andare più indietro e, ingenuamente, per qualcun altro, ricorda KICK-ASS. Che LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT ambisce a esser
pellicola neo-realista. C’è chi ha scritto che è l’Hancock de’ noantri: HANCOCK non è un eroe per caso, non è un supereroe e non vuole esserlo: è un
"uomo" che non sa chi è, perché si crede unico, e scopre di essere un
alieno, un dio per i Terrestri l’amante di una sua simile, gli ultimi!
NETFLIX per costoro è un messaggio
alieno che deve ancora raggiungere le loro parabole fai-da-te, antidiluviane
mal sintonizzate.
Fa ridere che qualcuno si sia sentito
ingannato o, rapito dal pregiudizio che gli italiani non sanno realizzare
“kolossal”, già tremava nel credere che si trattasse davvero di un live-action dell’anime. Gli stessi, per lo più, hanno sbandierato il tradimento
subito nello scoprire che, in definiva, il vero personaggio non era il
“robottone dall’ombelico gigante” e, come se non si potesse star zitti e
sconfitti, si son prodigati a sottolineare la banalità dell’idea e della
sciocchezza del potere. Il retroterra editoriale non è a loro sfavore: i
supereroi fumettistici pensati, scritti e pubblicati da italiani sono evaporati
senza lasciar molte tracce, se non nei cuori dei nerd, negli scaffali dei collezionisti, per i trash-style.
Preciso: costoro non sono stati alle
anteprime nazionali (FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2015, il 17
ottobre – LUCCA COMICS & GAMES 2015 il 30
ottobre – TERMINILLO FILM FESTIVAL 2016, il 6
febbraio), non hanno visto il film e non sanno se il potere narrato è qualcosa
che l’adrenalina può replicare, non ne conoscono la collocazione nella storia
(se è un personaggio esso stesso), e ignorano quanto è già stato scritto con la
medesima “filosofia” ottenendo discreti-buoni-ottimi risultato; e ci vuole ben
poco coraggio per andare a goderselo: via il pregiudizio complice dell’ignavia:
il pregiudizio può nascere per un “soprannome”, un “titolo”! Costoro non hanno
neppure cercato le critiche di chi lo ha apprezzato e no nei tre festival.
In ogni caso…
Il filo conduttore che io scorgo… la
fratellanza è con UNBREAKABLE [secondo film di M. Night SHYAMALAN], con THE CROW [secondo film di Alex PROYAS] e, anche se
non di costante alto livello, con HEROES [il serial televisivo creato
da Tim KRING].
Nel film di Mainetti il personaggio di
carta è presente tanto da far pulsare nel sangue e nelle orecchie il mondo
onirico dell’impossibile: ove spesso l’impossibilità è il rispetto la fiducia
la complicità: né più né meno che l’Amore, per la propria vita e quella degli
altri e, in definitiva, della vita che si… tesse insieme. Il personaggio di
carta tesse una tela emotiva e sanguigna tra i protagonisti e il destino che occorre
scriversi per non essere “niente” se tratteggiati dal ragno che tesse la tela
della nostra storia.
LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT, prima che al
cinema, e tramite la crossmedialità (quanto immersiva
e degna di esserlo?), si affaccerà al “nostro mondo reale” nelle edicole nella veste di one-shot: una storia a fumetti
autoconclusiva per opera della LUCKY RED, de’ LA GAZZETTA DELLO SPORT, di Roberto RECCHIONI (che lo ha
scritto) e Giorgio PONTRELLI e Stefano SIMEONE (che lo hanno
realizzato graficamente).
Il fumetto LO
CHIAMAVANO JEEG ROBOT sarà allegato
alla “rosea” da sabato 20 febbraio: 2,50 € più il costo del quotidiano. Disponibile
in quattro copertine realizzate da
quattro disegnatori italiani, Leo ORTOLANI
(RAT-MAN), ZEROCALCARE
(LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO; L’ELENCO TELEFONICO DEGLI ACCOLLI), Giacomo BEVILACQUA
(A PANDA PIACE), Roberto RECCHIONI
(JOHN DOE; ORFANI; DYLAN DOG).
Stessa scelta di marketing fu attuata
per IL RAGAZZO INVISIBILE, però, al contrario della
precedente, con il fumetto di LCJR la storia non è un mero adattamento. Bensì,
si tratta di un prodotto autonomo (probabilmente un sequel, ovvero la
continuazione di una storia) – il quale, pur garantendo l’assenza di spoiler
(rivelazioni della trama), per quanto mi riguarda, sarà letto subito dopo la
proiezione: letto il fumetto si apprende, è lapalissiano, la situazione a cui
si arriva a conclusione della storia filmica, pur non godendone appieno non
avendo (nelle 32 pagine) lo spazio per presentare ambientazione e personaggi.
Ma il peggio è... che si realizzi un fumetto per un prodotto cinematografico
legato in qual si voglia maniera esattamente al mondo del fumetto è la giusta
strategia per poter far alzare dalla propria sedia il lettore e farlo
accomodare nella poltrona di una sala come spettatore. Meno strategico è non
muoversi parallelamente alla cifra stilistica del prodotto d'origine: le tavole
non "sceneggiano" una storia dal taglio cinematografico, ma una dal
carattere senza spina dorsale, presentando, prematuramente al pubblico
personaggi avulsi dalla drammaticità, che non vivono nelle tenebre di un
destino che può portare luce, ma si arrabatta all'ombra dell'autentico
personaggio di Mainetti. Quel target che dai fumetti chiede solo fuga e
intrattenimento per il tempo in cui vengono sfogliati sarà soddisfatto; dubito
che possa crearsi un seguito sia narrativo sia si lettori.
Sembrerebbe che il film sia uscito in ritardo rispetto al compleanno del personaggio di Gō NAGAI, e che questo possa essere un piccolo difetto. Ma, considerando che l’anteprima risale esattamente a ottobre 2015, il soffio sulle candeline ha fatto centro.
Sarà esaudito il desiderio?
Sembrerebbe che il film sia uscito in ritardo rispetto al compleanno del personaggio di Gō NAGAI, e che questo possa essere un piccolo difetto. Ma, considerando che l’anteprima risale esattamente a ottobre 2015, il soffio sulle candeline ha fatto centro.
Sarà esaudito il desiderio?
Il potere della sinossi:
Enzo Ceccotti (Claudio SANTAMARIA: DIAZ - Don't Clean
Up This Blood;
RINO GAETANO - Ma Il Cielo È Sempre Più Blu; È ARRIVATA LA FELICITÀ) non è
nessuno, giacché ombroso, forse non è neppure un ladruncolo, vivendo col cuore
in gola nella speranza di non essere arrestato: arrestato nella sua
"scelta di vita" e dalla polizia. Proprio per sfuggire ad essa si
tuffa nel Tevere, né più né meno per non sfuggire alla sua Vita. Ad attenderlo,
un barile di viscoso nerume. La radioattività lo scuote fin nel suo essere...
Enzo torna alla sua borgata – dove vive
e non sa mai se volerci davvero tornare, tuttavia dove altro chiudersi in sé
stesso? Si sveglia cambiato in maniera improbabile e solo una forza riesce a
non farlo impazzire: a contrastare il laceramento della radioattività c’è l’ammirazione
e l’ingenuità e la tristezza di Alessia (Ilenia PASTORELLI: GRANDE FRATELLO
12),
figlia di un amico morto da poco di Enzo: la ragazza vede in lui la conferma
che la vita – la propria alienazione – può essere, è! un cartone animato: Enzo non può, difatti, che essere l’incarnazione
di un “mito” dei cartoni animati della sua infanzia: il ragazzo che
(“chiudendosi in sé stesso”) si trasforma nel potente Jeeg Robot! Alessia,
Sorprendentemente per lei, Enzo vuole
e non sa far altro che sfruttare la sua forza straordinaria e la sua resistenza
per migliorare il suo status di delinquente: dalle sopportazioni di una vita,
dalle «smaliziature» di una società fatta di
mercenarismi, dalla “casa” in cui ci si sente costretti a vivere non può che
nascere una voglia di rivalsa. E, come si sa, non sempre ciò che può piacere è
l’azione giusta da compiere!
C’è una guerra di potere a Roma e non
può che scuotere, in prima linea, la periferia.
Il villain
è un altro anello arrugginito di Tor Bella Monaca, Zingaro (Luca MARINELLI: LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI; NON ESSERE CATTIVO), il quale è
intenzionato a farsi strada e a sfruttare il terrore scatenato in città da clan
esterni. Il destino pone costui e il Jeeg di Alessia a incrociare e a scontrare
i propri sentieri quando ella viene minaccia da Zingaro.
Intorno c’è rumore. La città brucia
soprattutto dall’interno e sentire le ceneri non fa che aumentare le micce
accese.
Enzo ha bisogno di scegliere.
Alessia ha bisogno di un sogno vivo.
Zingaro ha bisogno si grattar via la
propria ruggine, rilucere, accendersi…
Jeeg Robot ha bisogno di esser
chiamato così?
Lui, che sfuma nel cinismo, che vibra
di solitudine, può essere l’eroe che gli occhi di Alessia e le tenebre del fiume che l’ha travolto hanno… ridisegnato?
1: La parola “anime” è una contrazione del neologismo animēshon, generato dal termine inglese animation, “animazione” (cartoni
animati).
#LoChiamavanoJeegRobot
#LCJR on Facebook.
* * *
Il video del brano (in apertura del post) è entrato della playlist della WORLDS MAKER FACTORY RADIO ►
* * *
Nessun commento:
Posta un commento