Vi ho reso partecipi la prima volta con la prima versione dell'incipit del primo capitolo... "Prima", "prima", "primo"... Questa volta non vi comunico la collocazione all'interno del romanzo, poiché è casuale per me quanto per voi. Il "gioco" sta nel conoscere la stesura di getto, poi quella corretta a romanzo-bozza terminato, e in coda la versione definitiva.
Ci sono volute molte parole scritte per le poche righe della scena/concetto iniziale. Posso dire che la versione ultima mi piace e vi appongo il mio "Si." Sicuramente il primo, in previsione di numerosi altri rimaneggiamenti.
Verba volant, scripta rimesculum... ehm... scolpipta!
Ci sono volute molte parole scritte per le poche righe della scena/concetto iniziale. Posso dire che la versione ultima mi piace e vi appongo il mio "Si." Sicuramente il primo, in previsione di numerosi altri rimaneggiamenti.
Verba volant, scripta rimesculum... ehm... scolpipta!
Come se il treno avesse portato con sé la strada
percorsa, nel suo scivolone, ignorando che non viaggiava, come dovrebbe essere,
né su rotaie né su asfalto, questa strada è stata squagliata e si sta
aggrumando bituminosa – sempre nello scivolone – e rovesciante con pietre,
terra, pezzi di legno e corpicini di topi di campagna e chissà cos’altro
occultato dai gorgoglii delle bolle nere nauseabonde e di gelsomino.
67 parole.
Il treno porta davanti a sé la strada percorsa nel suo
scivolone.
È superfluo sottolineare che non viaggia, come
dovrebbe essere per i suoi simili fatti dall’Uomo, né su rotaie né su asfalto? Tutti
i suoi testimoni in questo momento lottano più con la verità di ciò che stanno
avendo addosso i loro occhi che contro le possibilità di uscirne con un
successo.
Nello scivolone, del treno resta la locomotiva. La sua
strada è stata squagliata e si sta aggrumando bituminosa. È un tragitto rovesciante
pietre polverose e altre luccicanti e traslucide, terra farinosa, pezzi di
legno, corpicini di topi di campagna e il cane di zia Esmeralda, un pastore di
Picardia. Chissà cos’altro è occultato dai gorgoglii delle bolle nere,
nauseabonde, e di gelsomino.
125 parole.
... Frangenti di terra prorompono per lo scivolone dei
vagoni scomposti, li precedono. La superficie è ferita.
È superfluo sottolineare che il treno di questa storia
non viaggia, come dovrebbe essere per i suoi simili fatti dall’Uomo, né su
rotaie né su asfalto? Tutti i suoi testimoni in questo momento lottano più con
la verità di ciò che stanno avendo addosso i loro occhi che contro le possibilità
di uscirne con un successo.
Il suolo vacilla.
Nello scivolone, del treno resta la locomotiva. I vagoni
sono briciole rinvangate alla terra. La sua strada è stata squagliata e si sta
aggrumando bituminosa. È un tragitto rovesciante pietre polverose e altre
luccicanti e traslucide, terra farinosa, pezzi di legno, corpicini di topi di
campagna e il cane di zia Esmeralda, un pastore di Picardia. Chissà cos’altro è
occultato dai gorgoglii delle bolle nere, nauseabonde, e di gelsomino.
L’ultima parte di ferro della locomotiva, ancora esposta
all’aria, allunga un unico tentacolo nebbioso contro Roma, tra i filari, e lo
scaraventa metri indietro.
169 parole.
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