20151207

Il teatro di Francesco CAPITANO: Il ritorno a casa.

Timoroso rispose... che erano giunti a un arduo passo. Ma, diss'egli, più oltre procediamo, e più perigli incontreremo noi. Perciò è meglio invertire il cammino e ritornare indietro.
Il viaggio del pellegrino [John BUNYAN]


Il buio entra in scena.
Non sottolineo a me stesso che si tratta del buio del sipario, del buio che precede le luci sul palco della storia: il buio è il primo protagonista. E mi emoziono.
Una sagoma muove il buio.
La riconosco, riconosco il primo attore a calcare la scena. Eppure, mi dico che non è lui. Il personaggio che è entrato si muove dentro l'attore e risucchia il buio.
È così.
La storia prende la luce, con le sue palesi idiosincrasie emotive, proprie e altri.
[...]

Io ho battezzato il gruppo – compostosi eccezionalmente per una serie di defezioni – CAPITANI & CARTELLI.

C'è un "capitano", il regista, e ci sono gli attori, a loro volta "registi" del proprio divenire dalle potenzialità interiori e quelle plasmate (e lasciate libere) dal regista. Per l'appunto, si è attori e registi al contempo.
«Niente di nuovo», rifletterà qualcuno.
I "cartelli" sono – in questo frangente – amalgama di vite che singolari
(e tuttavia onnipresenti)
correnti hanno fatto approdare alla medesima spiaggia d'anima le necessità che le emozioni umane hanno di... amalgamarsi, restando uniche.
I "cartelli" sono unione di creatività, unione produttiva, unione di viaggio... Ove l'obiettivo è cantare l'individualità nel coro.
Del Coro.
Del Cuore.
Del Cuore d'Oro.
E la vena aurea è scovabile e percorribile quando ogni granello di emozione e ogni goccia di altruismo è un palmo aperto, teso, offerente per dare e ricevere.
Ogni Uomo è dolore e gioia, forza e debolezza, e al di sopra d'ogni proprio palco quello che siamo deve essere sincero; dove ogni mancanza diviene abbondanza.
Palco e platea, non sono che la comunità che ci costruiamo.
(O dovremmo!)
A volte, è la comunità che lamentiamo.
Troppo spesso è la comunità che ci lasciamo cadere tra le dita irrigidite.
Sempre affetti da "idiosincrasie antropiche".

Ogni malessere dei personaggi è un dardo che si scaglia da un prato che non si riesce a vedere; forse il profumo, ma che importa?: è oltre la collina.
Chi non ha una collina davanti a sé?

Per questo, quanto lasciato sul palco del Teatro della Posta Vecchia di Agrigento è prezioso.
Ogni malessere degli attori è un dente di leone che si aggrappa al proprio sogno per attendere il vento propizio e lasciare le emozioni: pappi fecondi verso una terra spettatrice... e restituente.
Sono semi per un prato al di qua della collina.





My Way [1968. USA. Claude FRANÇOIS; Paul ANKA. Frank SINATRA]

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